martedì 6 aprile 2010

Fuori dall'ombra (Spettacolo teatrale)



Ergastolo Ostativo=Pena di morte viva

Una breve premessa: La pubblicazione di questo documento visivo è finalizzato alla difesa dei diritti di ogni essere umano anche di chi ha commesso crimini pertanto si rendono visibili Noluoghi (carceri) dove vige la sopensione di tali diritti, si rendono visibili persone che tentano di ridare dignità ad una morte lenta indotta da un sistema detentivo ipocrita e malvagio frutto di politiche scellerate che hanno definito leggi inadeguate che tendono ad annientare l'equilibrio psichico fino alla morte fisica . Dignità che viene tradotta in un tentativo di ravvedimento ma con dissidenza verso un sistema politico-giudiziario che li vorrebbe annullati. I passi di scrittura che seguono sono stati rilevati integralmente dal blog Urla dal Silenzio.

by "BimbeSquatters"



Carmelo Musumeci

un ergastolano in lotta per la vita

Di seguito riportata una descrizione di Carmelo, dal libro “Patrie Galere” di Stefano Anastasia e Patrizio Gonnella:

“…ha girato come una trottola per le carceri italiane. Nonostante il suo cognome evocasse cosche mafiose, lui si comportava diversamente, molto diversamente da come si sarebbe comportato un uomo d’onore. Un uomo d’onore in carcere accetta le regole interne, si muove in silenzio, prova a fare il boss, è rispettato, è omertoso, saluta con il voi. C.M. non ha mai fatto nulla di tutto questo. Ha rivendicato i suoi diritti. Ha presentato esposti e reclami alle autorità costituite. Ha scritto a giudici, parlamentari, associazioni. Ha denunciato vessazioni agli organismi internazionali. Ha fatto da portavoce alle proteste di gruppi di detenuti contro l’ozio forzato, contro i trattamenti inumani, contro regole non sempre ragionevoli. Ha scritto poesie, ha realizzato calendari, censurati perché ironici nei confronti del premier Berlusconi. Le sue proteste si sono sempre mosse nei limiti rigorosi della legge, mai offendendo o calunniando. Ogni qualvolta C.M. alzava il tono delle sue proteste veniva trasferito in un altro istituto. Un interminabile, forzato, turismo penitenziario. Il gruppo di osservazione e trattamento, riunitosi in conclave, lo ha definito uno che non partecipa alle attività trattamentali. L’osservazione ha dato esito negativo. Lui non è stato definito dall’equipe un rieducato, non è stato ritenuto pronto per l’esterno, per la via libera. Ecco le ipocrisie del trattamento. Si esigono scelte esistenziali indimostrabili, si esige un ravvedimento intimo impossibile da provare, si esige che si cammini con la testa bassa, che ci si presenti in modo formale ed educato, meglio ancora se rincoglionito. Si pretende che si diventi come gli altri vogliono che tu sia. Lo Stato carcerario non ammette e non riconosce le diversità. Lo Stato carcerario ti vuole pacificato, normale, mansueto, acritico. C.M. non si è invece ammansito. Ha continuato negli anni e rivendicare i suoi diritti. Lo ha fatto rivolgendosi a un magistrato e non a un collega della malavita. L’atteggiamento di C.M. ha sempre evidenziato un rispetto naturale, non ipocrita e doppiogiochista, verso le istituzioni. Se alle istituzioni ti rivolgi per far valere un tuo diritto ritenuto violato, vuol dire che credi in quelle istituzioni, credi nella legge, credi nello Stato. Legge che invece era stata infranta al momento della commissione del reato. In questo senso puoi essere ritenuto definitivamente sulla via della risocializzazione. Il percorso dalla illegalità alla legalità può dirsi compiuto, o quanto meno in fase di compimento, proprio nel momento in cui ti rivolgi allo Stato per vedere tutelati i tuoi diritti. Chi disconosce lo Stato mai si rivolgerebbe ad esso per vedere un proprio diritto garantito. Solo per questa ragione C.M. avrebbe dovuto essere ritenuto rieducato e avrebbe meritato un premio. Invece da lui si vuole un atto di prostazione, o che partecipi con entusiasmo al corso di origami organizzato da qualche benemerita associazione e cooperativa sociale. Sono queste le ipocrisie del trattamento”.

Il cane lupo Anarchico



Nessuno è colpevole per sempre

L’italia è storico avversario della pena di morte, ma l’ergastolo ostativo è come una condanna a morte. *Per alcuni detenuti è “una condanna a morte al rallentatore”.
In tutti i paesi nel mondo, il condannato alla pena dell’ergastolo ha la speranza, o una possibilità di poter uscire, in Italia questo non avviene. Chi è condannato alll’ergastolo ostativo per “reati associativi” (divieto di concessione di benefici: art. 4 bis . n. 354 del 1975) non potrà mai uscire se non collabora con la giustizia. Non sempre quando un ergastolano non diventa “collaboratore di giustizia” è per omertà, ma anche per ignoranza, per paura, o perché non vuole mettere qualcun altro al suo posto.

Le persone condannate all’ergastolo ostativo, anche quando hanno scontato 20-30 anni di reclusione e realizzato una radicale trasformazione interiore, NON POTRANNO USCIRE VERAMENTE MAI DAL CARCERE e, dunque, viene a morire il fine educativo della pena (Art. 27 della nostra Costituzione “Le pene devono tendere alla rieducazione del condannato”)
Nessuno è colpevole per sempre.

Ci sono recinti circondati da filo spinati. Mondi in riserva, fuori dallo sguardo. Ci sono persone che non esistono, perché i più non “pronunciano” il loro nome. E ciò che non nomini lo consacri all’oblio. Paria nello stesso mondo del carcere. Paria tra i paria. Per la vulgata dominante l’ergastolo effettivo non esiste, tra permessi e benefici, nel tempo prima o poi si esce.
Ma questo non avviene con l’ergastolo ostativo. Chi è condannato ad esso rischia davvero di uscire solamente morto. Dietro quelle sbarre ci sono uomini che non vogliono essere schiacciati dal silenzio, che hanno qualcosa da tirare fuori.

Carmelo Musumeci



Fuori dall'ombra

Il 23 giugno nella casa di reclusione di Spoleto è stato portato in scena questo spettacolo, “Fuori dall’Ombra” che ha visto la partepicazione e il contributo attivo di circa trenta ergastolani ostativi.

Il lavoro teatrale, come ogni lavoro creativo e artistico come forma di terapia .La scena iniziale è emblematica, ci sono due celle… in una gli Attori prendono del vino da un qualcosa nascosto, nell’altra viene messo un lenzuolo a mo’ di cappio sulle sbarre della finestra come preludio ad un atto suicida.. In carcere avviene così.. c’è chi decide di farla finita e forse nella cella accanto nessuno se ne accorgerà.. Poi le scene si alternano, ci sono momenti della loro vita.. un pranzo fatto insieme, ad un colloquio tra un detenuto e un sindaco (Carmelo Musumeci), una parte anche molto bella dove ci sono quattro Attori che mostrano la schiena al pubblico e di fronte a loro le Donne, compagne, quelle che stanno fuori ad aspettare, magari a crescere i loro figli e qui l’emozione cresce, diventa dolorosa.. ci sono i sentimenti in campo, c’è l’amore, quello vero, chi ama a distanza per sempre, fino alla morte, o il risentimento, la rabbia verso l’uomo condannato. Si alternano momenti musicali, ti dimentichi di assistere ad un lavoro fatto e svolto in un grigio carcere, ti sembra di essere in un teatro normale.. ma di normale lì non c’è nulla.. veramente nulla..Leggono testi di lettere scritte dai detenuti, come quella di Ivano Rapisarda, o ci sono dialoghi dove si discute dell’inutilità del carcere o del loro essere Uomini Ombra, quindi fatiscenti. Parlano della professoressa che farà lezione lì dentro. In loro non si vede il sangue che hanno sparso, le vite che hanno tolto..si vede una grande voglia di rinascere, c’è nei loro occhi la necessità di continuare a vivere per essere diversi. Hanno bisogno di urlare al mondo che non sono più assassini. Ma hanno bisogno di qualcuno che gli dia voce…." Scarica video

Fuori dall'ombra

Considerazioni sullo spettacolo tratte dal blog "Urla nel silenzio"

Questo video è unico per una serie di aspetti. Uno, principale, è che dal carcere non esce quasi mai nulla. Già è difficile creare gli eventi in carcere. Poi è ancora più difficile in qualche modo conservarli e registrarli. Ancora più difficile poi è farli uscire fuori. Quindi la possibilità di vedere uno spettacolo del genere è davvero una grande occasione, da non perdere assolutamente. Altra cosa, di carattere “strutturale”, concerne il “tipo” di spettacolo. Spettacoli teatrali in carcere se ne sono fatti nel corso del tempo, e se ne fanno. Ma spesso il detenuto “fa il detenuto”. Spesso è attore di una rappresentazione scritta e diretta da altri, sceneggiatori e registi esterni che vengono in carcere e “rappresentano” il carcere”, ma con il loro linguaggiio. Altre volte ci si limita a portare in scena “i classici”. Spesso il detenuto è in qualche modo passivo rispetto alla fase creativa e gestionale dello spettacolo. QUI E’ TUTTA UN’ALTRA COSA. Certo ci sono collaborazioni “esterne”, ma LO SPETTACOLO E’ FRUTTO DI UNA CREAZIONE COLLETTIVA DEGLI ERGASTOLANI DI SPOLETO. NEL MODO DI STRUTTURARLO, DI RAPPRESENTARLO, E NEL CONTENUTO CE’ LA LORO VITA, LE LORO STORIE, LA LORO ANIMA.. MESSE IN SCENA DA LORO, A MODO LORO, CON TEMPI LORO.

L’opera nasce in primo luogo dalla carne viva, dal sangue e dall’anima dei detenuti. Ma essa non sarebbe stata possibile senza il fondamentale contributo professionale e di dedizione di una equipe di altissimo livello. A cominciare dalla Dottoressa Patrizia Spagnoli, “Responsabile del laboratorio e della Compagnia dell’Araba Fenice della Casa di Reclusione di Spoleto”, che ha curato la regia dello spettacolo e ha coordinato i vari passaggi del testo. E poi va ricordata la Dott.ssa Paola Giannelli; e tutti coloro che sono venuti dall’esterno: (da Roma) l’attrice Caterina Venturini e i musicisti Roberto Turco e Luca Schettini- (da Spoleto) gli assistenti volontari Elisa Montelatici e Romina Ferracchiato, che hanno dato parte del proprio tempo libero per questo splendido progetto. E non va dimenticato il fondamentale contributo di Massimo Cangelli in sede di montaggio del video. Senza persone come queste, persone che danno parte del loro tempo per scopi che vanno al di là del semplice tornaconto personale, molte voci dei ”luoghi” avvolti dall’Ombra resterebbero urli muti. A tutti loro, a tutti questi professionisti, a queste Donne e a questi Uomini, va anche il nostro ringraziamento.

Ps: Passate la qualità del video e dell'audio dovuto all'acquisizione con tecnologie limitate ha inciso anche il lavoro di encode fatto ulteriormente per riunire in un unico filmato i quattro inizialmente realizzati.



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