La macelleria umana israeliana
Genocidio Pianificato parte (1
Sabra e Shatila 1982:
La mattina di Sabato, Settembre 18th, 1982, i reporter che entrano campi profughi palestinesi di Sabra e Shatila vicino a Beirut, Libano, si presenta a loro un orrenda visione. Pile di corpi disseminati per le strade polverose dei campi, tombe di massa erano stati costruiti in fretta e gli edifici erano stati abbatturi sui cadaveri. Sono stati macellati uomini, donne e bambini, anziani. La stima del numero di morti sono stati in migliaia.Che cosa era successo qui? Che cosa potrebbe aver provocato questo tipo di macellazione disumana? Chi ha fatto questo?Queste sono le domande che hanno caratterizzato il silenzio del mattino . Queste domande ancora oggi inattese a più di due decenni dagli gli eventi .Si ripercorre la storia per tentare di rispondere a questa questione .
Australian sostegno
L' indimenticabile, imperdonabile, massacro Israeliano contro i palestinesi -
La mattina di Sabato, Settembre 18th, 1982, i reporter che entrano campi profughi palestinesi di Sabra e Shatila vicino a Beirut, Libano, si presenta a loro un orrenda visione. Pile di corpi disseminati per le strade polverose dei campi, tombe di massa erano stati costruiti in fretta e gli edifici erano stati abbatturi sui cadaveri. Sono stati macellati uomini, donne e bambini, anziani. La stima del numero di morti sono stati in migliaia.Che cosa era successo qui? Che cosa potrebbe aver provocato questo tipo di macellazione disumana? Chi ha fatto questo?Queste sono le domande che hanno caratterizzato il silenzio del mattino . Queste domande ancora oggi inattese a più di due decenni dagli gli eventi .Si ripercorre la storia per tentare di rispondere a questa questione .
Il 6 giugno 1982, l'esercito israeliano ha invaso il Libano, nel quale è descritto come 'ritorsione' per il tentato assassinio di Argov ambasciatore israeliano a Londra il 4 giugno. L'invasione, presto ribattezzato "Operazione Pace per la Galilea",progredisce rapidamente. Entro il 18 giugno 1982, Israele aveva circondato l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina's (OLP) forze armate nella parte occidentale della capitale libanese. Un cessate-il-fuoco, con la mediazione di Stati Uniti Inviato Philip Habib, ha causato all'OLP l'evacuazione di Beirut il 1 ° settembre 1982. In data 11 settembre 1982, il Ministro della Difesa israeliano Ariel Sharon, l'architetto della invasione, ha annunciato che "2000 terroristi" erano rimasti all'interno della campi profughi palestinesi nei pressi diBeirut. Il Mercoledì 15 settembre, il giorno dopo l'assassinio del conflitto israelo-alleati Phalangist leader delle milizie libanesi e Presidente eletto Bashir Gemayel, l'esercito israeliano occupato di Beirut ovest,"circonda e chiude" i campi di Sabra e Shatila, che erano abitati da libanesi e Civili palestinesi. Israele ha giustificato il suo movimento in Occidente Beirut da una necessità di mantenere l'ordine e la stabilità dopo l'assassinio Gemayel. Tuttavia, alcuni giorni dopo, Ariel Sharon ha detto alla Knesset, il parlamento di Israele: "Il nostro ingresso in Occidente è stata Beirut, al fine di fare la guerra contro l'infrastruttura a sinistra dai terroristi". L'esercito israeliano ha poi disarmato milizie anti-israeliana di Beirut ovest,lasciando pienamente armate le milizie cristiane phalangist in oriente di Beirut . Entro la metà del giorno in data 15 settembre 1982, i campi profughi sono stati interamente circondati da carri armati israeliani e soldati, che hanno installato checkpoint in luoghi strategici nei pressi dei campi al fine di controllare l'ingresso e l'uscita di ogni persona. Intorno alla metà del-giorno Giovedi 16 settembre 1982, un'unità di circa 150 israelo-armate alleate-Phalangists (o è quello che sostengono Israele)sono entrati nel primo campo. Per le prossime 40 ore membri della milizia Phalangist hanno violentato, ucciso e feriti un gran numero di civili disarmati, in gran parte bambini, donne e persone anziane all'interno dell'area circondata e sigillata dei campi. La stima delle vittime varia tra 700 (la cifra ufficiale israeliano) a 3500. Alle vittime e ai superstiti dei massacri non gli sono stati mai considerati il diritto di un procedimento di indagine formale della tragedia, dal momento che Israele Kahan Commissione non ha avuto un mandato giudiziario e non è stata sostenuta da una forza giuridica.
video disponibile qui: http://blip.tv/file/1266909/
Può anche essere scaricato da qui: http://tinyurl.com/6ry5rf
Related Links:
# Campagna Internazionale per la giustizia delle vittime di Sabra e Shatila
# Eye-testimonianza: Dr.Ang Swee Chai
# Sabra e Shatila: Trattare con i fatti - BBC
# Soldati israeliani hanno partecipato al massacro
# Sabra e Shatila: Scoperti finalmente?
# Perché Sharon è un criminale di guerra
video disponibile qui: http://blip.tv/file/1266909/
Può anche essere scaricato da qui: http://tinyurl.com/6ry5rf
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# Soldati israeliani hanno partecipato al massacro
# Sabra e Shatila: Scoperti finalmente?
# Perché Sharon è un criminale di guerra
Altre notizie e opininioni a Sabbah's Blog
Australian sostegno
Questo video descrive in immagini e parole la scioccante e deliberata azione di Israels che devasta la vita dei palestinesi e della società nella striscia di Gaza. Il suo scopo è quello di richiamare l'attenzione sulla drammatica situazione di un popolo sotto assedio, che finora è stato ignorato dai governi e dal mondo dei media informativi.E' in atto una pulizia etnica strategicamente pianificata dei palestinesi nella propria terra. Il video è stato creato da Sonja Karkar per gli australiani per la Palestina il 9 dicembre 2008 utilizzando le immagini catturate da vari fotografi coraggiosi sul terreno a Gaza, l'inquietante e suoni di Sada (ECHO), composta e suonata sul oud da Ahmad al-Khatib.
Israel launches missile attacks on Gaza - 27 Dec 08
27 Dicembre 2008 Massacro a Gaza
[Gaza] Lettera di un palestinese
Lettera arrivata nella lista di Sport sotto l'assedio dalla Palestina
La follia della nuova potenza mondiale di dio
Possiamo ammetterlo, non abbiamo nulla con cui combattere, né armi, né capacità di resistenza, nessuna reciproca solidarietà; abbiamo solo un’ultima cosa in comune, siamo tutti pronti a morire sotto un razzo prodotto in America, lanciato da Israele con l’approvazione dei paesi Arabi.
Possiamo coltivare il sogno di uno Stato nelle nostre tombe, e non cambierebbe molto, siamo morti in ogni caso; in una tomba almeno possediamo il nostro suolo e il nostro Stato lo possiamo costruire sottoterra. Lì sapremmo che siamo morti e una volta lì, nessuno avrebbe la creatività inumana di pianificare la nostra uccisione.
Non è Hamas ad essere colpita oggi, non la causa palestinese e nemmeno la gente di Gaza, è l’umanità che viene rimossa a sangue freddo con grandi congratulazioni agli Israeliani per il loro successo.
Non c’è bisogno di una vendetta da parte di noi Palestinesi, forse questa volta dovremmo considerare questa lotta più grande di noi, la rete dei collaboratori è cresciuta ad un livello regionale. Chiudiamo allora le nostre case ed aspettiamo che la morte ci venga a prendere (e non sarà una bomba allora ???), lasciamo che il piano da tempo coltivato da Israele abbia successo, uccidere tutti i Palestinesi è più semplice che trasferirli altrove.
Stanotte i coloni di Sderot possono festeggiare Gaza bagnata di sangue; ho ascoltato un ufficiale municipale israeliano, e continuava a ripetere che questo è il modo giusto per fermare il lancio di razzi da Gaza, che questa azione mostra la lealtà dello ‘Stato di Israele’ ai suoi cittadini, uccidere altri cittadini e distruggere tutta l’infrastruttura della polizia, quella forza di polizia suggerita proprio da Israele durante i negoziati di Oslo.
Non abbiamo bisogno di richiami all’unità ora, il tempo è scaduto per tutti i partiti politici, il massacro continuerà e la vostra unità ora significa e vale nulla, le persone continueranno ad essere uccise e a soffrire; Israele non si fermerà ora, tutto ciò non basta ancora per la loro campagna elettorale, hanno bisogno di mostrare ai loro fanatici che sono capaci di tutto, uccidere bambini, donne ed ufficiali della polizia municipale, persone che non hanno mai partecipato al lancio di alcun razzo.
Invece di spendere soldi nel convincere i leader corrotti e venduti dei paesi Arabi a partecipare ad un summit il cui comunicato di condanna potrebbe essere scritto da un qualunque studente di quattordici anni, potremmo raccoglierli ed usarli per fare telefonate costose, per comprare biglietti aerei, per hotel di lusso, per comprare medicine e cibo alle persone di Gaza. Qualunque cosa possiamo fare per loro, non potranno dimenticare questo giorno, e non potremo chiedere loro di perdonare il nostro lungo silenzio.
Capisco pienamente come quanto sia pericoloso quello che sto dicendo, che ci sono molte divisioni nella nostra lotta, così come è successo in altre lotte, ma la cosa più pericolosa ora è che veniamo uccisi e nessuno mette in dubbio la legalità degli attacchi israeliani o agisce per portare Israele di fronte alle corti internazionali per i suoi crimini di guerra.
Se questo non vuol dire che non c’è potenza in grado di fermare Israele, tutto ciò può significare solo due cose, che non c’è essere umano rimasto che provi dolore per i Palestinesi di Gaza, o che Israele è la nuova potenza mondiale di dio.
E' in atto un genocidio pianificato non altro
Ultime da Gaza
Vittorio Arrigoni: pacifista italiano a gaza
((A))
Attacco israeliano su Gaza: siti e blog utili
Siti (inglese)
www.palestinemonitor.org
www.alternativenews.org
electronicintifada.net
www.palsolidarity.org
www.freegaza.org
www.stopthewall.org
Siti e blog (italiano)
www.infopal.it
www.peacereporter.net
www.lettera22.it
Un blog molto interessante è quello di Paola Caridi, giornalista e scrittrice. Il suo libro "Arabi Invisibili" ha vinto il Premio Capalbio 2008.
invisiblearabs.blogspot.com
Blog dalla Palestina
Il blog di un giovanissimo giornalista e producer palestinese Sameh Akram Habeeb.
www.gazatoday.blogspot.com
Il "diario di una madre palestinese" Laila El-Haddad, giornalista e fotografa che vive tra Gaza e gli Stati Uniti.
a-mother-from-gaza.blogspot.com
Il blog di Fida Qishta, coordinatrice ISM.
www.sunshine208.blogspot.com
palestineblogs.net
Libere menti, per una libera Palestina
palestinethinktank.com
Il blog di Sharon Lock, volotaria dell’ISM che vive a Gaza dal mese di agosto.
talestotell.wordpress.com
Video you tube
Canale di sunshine208p
Canale di adampal2008
Vittorio Arrigoni 04/01/2009
Vedi, http://www.australiansforpalestine.com
Palestine Think Tank_BlipTV
Per ulteriori informazioni visitare
Gaza Reality-Palestine Libere
Gennaio 2008-La fame a Gaza-
Gaza siege 16-12-2008
Palestine Think Tank_BlipTV
Gaza Reality-Video
Le condizioni di vita dei profughi palestinesi che vivono nella striscia di Gaza. Una breve clip dal pluripremiato film '101 Professione: Voci di tacere la maggioranza. " Per ulteriori informazioni visitare
http://www.occupation101.com.
DVD disponibile anche su AMAZON.COM!
DVD disponibile anche su AMAZON.COM!
Gaza Reality-Palestine Libere
N.B:Il video risale a gennaio 2008 attualmente la situazione si è aggravata
Gennaio 2008-La fame a Gaza-
Gaza siege 16-12-2008
Bombardamento a Gaza centinaia di morti
27 dicembre 2008, è partita la criminale offensiva dell’esercito israeliano con gli F 16 e la Marina da guerra nella Striscia di Gaza: circa 20 missili hanno colpito Gaza City; in una prima ondata di raid sono state colpite simultaneamente 30 installazioni di Hamas ma tra gli obiettivi colpiti, anche il porto di Gaza. Una nuova offensiva dell’aviazione israeliana, ha poi colpito obiettivi nel nord e nel centro della Striscia di Gaza. Secondo fonti mediche ci sono più di 400 palestinesi morti e migliaia di feriti, una vera carneficina dove vengono uccisi come facevano i nazisti nelle loro rappresaglie, persone per strada, bambini e vengono bombardate le case. Ieri, Israele aveva aperto i valichi lasciando entrare qualche rifornimento alimentare…ma l’ha fatto apposta, così oggi ha potuto prendere alla sprovvista la popolazione, i bambini che uscivano da scuola, i poliziotti che si stavano addestrando per funzioni di sicurezza interna….
Non bastava l’embargo che Gaza subisce da due anni rimanendo senza cibo, acqua, elettricità, medicine! NO! Israele deve annientare come topi nelle fogne il popolo palestinese uccidendo bambine e civili in continui massacri nel silenzio mondiale!
Appelliamoci alla coscienza civile e alla lotta di classe nell’organizzarci in solidarietà e sostegno di chi non si può difendere da uno Stato, quello israeliano, nato sull’annientamento di un altro popolo, quello palestinese! Boicottiamo i prodotti israeliani, manifestiamo perché in solidarietà con il popolo palestinese. Il Presidente dell’Assemblea Generale dell’ONU, il 24 e 25 novembre 2008, ha invitato al boicottaggio del regime israeliano dell’apartheid per i crimini che Israele continua a commettere e le risoluzioni che continua a non rispettare con “le stragi di innocenti”!
Fermiamo i crimini disumani di Israele, Stato assassino!
Gli Ospedali in Gaza collassano
In crisi anche gli obitori che non sanno come raccogliere il gran numero di morti27 dicembre 2008, è partita la criminale offensiva dell’esercito israeliano con gli F 16 e la Marina da guerra nella Striscia di Gaza: circa 20 missili hanno colpito Gaza City; in una prima ondata di raid sono state colpite simultaneamente 30 installazioni di Hamas ma tra gli obiettivi colpiti, anche il porto di Gaza. Una nuova offensiva dell’aviazione israeliana, ha poi colpito obiettivi nel nord e nel centro della Striscia di Gaza. Secondo fonti mediche ci sono più di 400 palestinesi morti e migliaia di feriti, una vera carneficina dove vengono uccisi come facevano i nazisti nelle loro rappresaglie, persone per strada, bambini e vengono bombardate le case. Ieri, Israele aveva aperto i valichi lasciando entrare qualche rifornimento alimentare…ma l’ha fatto apposta, così oggi ha potuto prendere alla sprovvista la popolazione, i bambini che uscivano da scuola, i poliziotti che si stavano addestrando per funzioni di sicurezza interna….
Non bastava l’embargo che Gaza subisce da due anni rimanendo senza cibo, acqua, elettricità, medicine! NO! Israele deve annientare come topi nelle fogne il popolo palestinese uccidendo bambine e civili in continui massacri nel silenzio mondiale!
Appelliamoci alla coscienza civile e alla lotta di classe nell’organizzarci in solidarietà e sostegno di chi non si può difendere da uno Stato, quello israeliano, nato sull’annientamento di un altro popolo, quello palestinese! Boicottiamo i prodotti israeliani, manifestiamo perché in solidarietà con il popolo palestinese. Il Presidente dell’Assemblea Generale dell’ONU, il 24 e 25 novembre 2008, ha invitato al boicottaggio del regime israeliano dell’apartheid per i crimini che Israele continua a commettere e le risoluzioni che continua a non rispettare con “le stragi di innocenti”!
Fermiamo i crimini disumani di Israele, Stato assassino!
Gli Ospedali in Gaza collassano
Fra le vittime donne e bambini, al pronto soccorso manca il plasma
Israel launches missile attacks on Gaza - 27 Dec 08
27 Dicembre 2008 Massacro a Gaza
Ecco cosa hanno bombardato:
LA STRISCIA DI GAZA
“La Striscia di Gaza è una prigione a cielo aperto di cui Israele sembra aver buttato via la chiave per sempre”
John Dugard, relatore speciale delle Nazioni Unite per i Diritti umani
I fatti
Gaza è un rettangolo di 45 chilometri per 10 di terra arida affacciata sul Mediterraneo: i suoi confini sono Israele a nord e a est e l’egiziana penisola del Sinai a sud. A dispetto della sua limitatissima estensione è uno dei territori più densamente popolati del mondo con le sue 3823 persone per chilometro quadrato. La popolazione di Gaza triplicò nel 1948-49 quando assorbì circa 175mila palestinesi rifugiati dopo aver abbandonato le case in quella terra che ora è Israele. Ora sono approssimativamente un milione e mezzo, per la maggior parte giovani: l’età media è sui 16 anni.
La storia di Gaza risale al 1948, quando alla fine della guerra arabo-israeliana i suoi confini furono definiti dalle linee del coprifuoco: posta sotto giurisdizione egiziana, era destinata al futuro stato di Palestina.
Nel 1956, alla fine della crisi di Suez, Gaza venne occupata dagli israeliani finché, un anno più tardi, su pressione internazionale Israele ritirò le sue truppe, che vennero sostituite dall’Unef, forza di emergenza delle Nazioni Unite.
Nel giugno 1967, durante la guerra dei Sei giorni, Israele si impossessò nuovamente di Gaza, ma già a novembre la risoluzione 242 del Consiglio di sicurezza dell’Onu imponeva a Israele di ritirarsi dai “territori occupati”.
Nel 1970 fu costruito nella Striscia il primo insediamento illegale di coloni, Kfar Darom: la crescente presenza di ebrei a Gaza alimentò l’attivismo politico palestinese e il confronto tra coloni e palestinesi si fece sempre più violento.
Nel 1987, a Gaza, viene fondato Hamas, movimento di resistenza islamico, appena prima dell’inizio della prima Intifada, che mosse dal campo di rifugiati di Jabalia, a nord della Striscia, per diffondersi rapidamente a Gerusalemme Est e in Cisgiordania. A caratterizzare la prima Intifada, destinata a durare fino al 1993, furono scioperi, disobbedienza civile, boicottaggi e dimostrazioni contro l’esercito israeliano: i famosi lanci di pietre da parte dei ragazzi.
Il summit di Camp David nel 2000 rinnovò le speranze di pace, ma esercito israeliano e palestinesi furono coinvolti in una nuova fase di scontri violenti, innescati dalla provocatoria passeggiata di Ariel Sharon, primo ministro israeliano, sulla spianata delle moschee, che sfociò in settembre nella seconda Intifada, detta di al-Aqsa, dal nome della moschea.
Il 12 settembre 2005 Israele ritirò da Gaza il suo personale militare e i coloni , ma mantenne il controllo sui confini della Striscia, sullo spazio aereo e sulle acque territoriali. Incursioni militari, assassinii mirati e continue chiusure danno la misura di quanto la Striscia rimanga ancora sotto occupazione israeliana.
Nel giugno 2007 scoppiano scontri tra le ali armate delle fazioni politiche di Fatah e Hamas, che lasciano sul terreno più di cento morti e accuse reciproche di aver orchestrato l’assassinio dei relativi leader: Hamas, ricacciando le forze di Fatah, mantiene il controllo di Gaza. Avendo Hamas e lo stato di Israele da sempre rifiutato di riconoscersi reciprocamente, Israele ha risposto alla vittoria di Hamas tagliando Gaza fuori da tutto il resto del mondo.
Gaza Massacre-Slideshow
La crisi umanitaria
La Striscia ha dovuto affrontare una crisi umanitaria a partire dall’aprile 2006, quando i donatori occidentali hanno tagliato gli aiuti all’Autorità palestinese nello sforzo di isolare il governo di Hamas democraticamente eletto. Ulteriori restrizioni sono state decise dal 19 settembre 2007 quando il gabinetto di sicurezza del Consiglio di stato israeliano ha dichiarato la Striscia di Gaza “entità nemica” e ha votato all’unanimità la decisione di ridurre ancora il rifornimento di carburante destinato alla centrale termoelettrica di Gaza e di limitare l’apertura dei passaggi di frontiera al solo transito di generi alimentari e di emergenza come risposta al potenziamento militare delle forze di Hamas, al continuo lancio di razzi Qassam, soprattutto nella zona di Sderot, e al recente attacco contro una base israeliana in cui sono rimasti feriti 70 militari.
L’80% dei palestinesi che vivono a Gaza sono poveri e il 35% di essi sono classificati come “estremamente impoveriti”. Il passaggio di Karni, il corridoio principale per il movimento delle merci, è chiuso dal 13 giugno 2007. Questo ha devastato l’economia locale: l’80% del settore industriale ha chiuso o è attivo al 20% della sua capacità, data la sua dipendenza al 95% dalla materia prima importata, e ha messo in temporanea disoccupazione circa 66mila lavoratori.
A causa delle continue chiusure di Sufa e Kerem Shalom, mancano anche merci essenziali - latte in polvere, riso e olio - e i prezzi diventano proibitivi e non permettono un’alimentazione corretta e bilanciata.
Per quanto riguarda il settore sanitario, secondo il rapporto pubblicato a luglio 2007 dall’Unrwa, le cure di base sono ancora in funzione nonostante la carenza di elettricità e di supporti banali come lastre per radiografie, kit di laboratorio, letti. Ma spesso si deve far fronte a mancanza di farmaci, anestetici e alla mancanza di energia, che lascia fuori uso molti macchinari . Sempre secondo l’Unrwa, il 22% delle case di Gaza non sono collegate con un sistema fognario, facendo dell’igiene uno dei problemi più grossi.
LA STRISCIA DI GAZA
“La Striscia di Gaza è una prigione a cielo aperto di cui Israele sembra aver buttato via la chiave per sempre”
John Dugard, relatore speciale delle Nazioni Unite per i Diritti umani
I fatti
Gaza è un rettangolo di 45 chilometri per 10 di terra arida affacciata sul Mediterraneo: i suoi confini sono Israele a nord e a est e l’egiziana penisola del Sinai a sud. A dispetto della sua limitatissima estensione è uno dei territori più densamente popolati del mondo con le sue 3823 persone per chilometro quadrato. La popolazione di Gaza triplicò nel 1948-49 quando assorbì circa 175mila palestinesi rifugiati dopo aver abbandonato le case in quella terra che ora è Israele. Ora sono approssimativamente un milione e mezzo, per la maggior parte giovani: l’età media è sui 16 anni.
La storia di Gaza risale al 1948, quando alla fine della guerra arabo-israeliana i suoi confini furono definiti dalle linee del coprifuoco: posta sotto giurisdizione egiziana, era destinata al futuro stato di Palestina.
Nel 1956, alla fine della crisi di Suez, Gaza venne occupata dagli israeliani finché, un anno più tardi, su pressione internazionale Israele ritirò le sue truppe, che vennero sostituite dall’Unef, forza di emergenza delle Nazioni Unite.
Nel giugno 1967, durante la guerra dei Sei giorni, Israele si impossessò nuovamente di Gaza, ma già a novembre la risoluzione 242 del Consiglio di sicurezza dell’Onu imponeva a Israele di ritirarsi dai “territori occupati”.
Nel 1970 fu costruito nella Striscia il primo insediamento illegale di coloni, Kfar Darom: la crescente presenza di ebrei a Gaza alimentò l’attivismo politico palestinese e il confronto tra coloni e palestinesi si fece sempre più violento.
Nel 1987, a Gaza, viene fondato Hamas, movimento di resistenza islamico, appena prima dell’inizio della prima Intifada, che mosse dal campo di rifugiati di Jabalia, a nord della Striscia, per diffondersi rapidamente a Gerusalemme Est e in Cisgiordania. A caratterizzare la prima Intifada, destinata a durare fino al 1993, furono scioperi, disobbedienza civile, boicottaggi e dimostrazioni contro l’esercito israeliano: i famosi lanci di pietre da parte dei ragazzi.
Il summit di Camp David nel 2000 rinnovò le speranze di pace, ma esercito israeliano e palestinesi furono coinvolti in una nuova fase di scontri violenti, innescati dalla provocatoria passeggiata di Ariel Sharon, primo ministro israeliano, sulla spianata delle moschee, che sfociò in settembre nella seconda Intifada, detta di al-Aqsa, dal nome della moschea.
Il 12 settembre 2005 Israele ritirò da Gaza il suo personale militare e i coloni , ma mantenne il controllo sui confini della Striscia, sullo spazio aereo e sulle acque territoriali. Incursioni militari, assassinii mirati e continue chiusure danno la misura di quanto la Striscia rimanga ancora sotto occupazione israeliana.
Nel giugno 2007 scoppiano scontri tra le ali armate delle fazioni politiche di Fatah e Hamas, che lasciano sul terreno più di cento morti e accuse reciproche di aver orchestrato l’assassinio dei relativi leader: Hamas, ricacciando le forze di Fatah, mantiene il controllo di Gaza. Avendo Hamas e lo stato di Israele da sempre rifiutato di riconoscersi reciprocamente, Israele ha risposto alla vittoria di Hamas tagliando Gaza fuori da tutto il resto del mondo.
Gaza Massacre-Slideshow
La crisi umanitaria
La Striscia ha dovuto affrontare una crisi umanitaria a partire dall’aprile 2006, quando i donatori occidentali hanno tagliato gli aiuti all’Autorità palestinese nello sforzo di isolare il governo di Hamas democraticamente eletto. Ulteriori restrizioni sono state decise dal 19 settembre 2007 quando il gabinetto di sicurezza del Consiglio di stato israeliano ha dichiarato la Striscia di Gaza “entità nemica” e ha votato all’unanimità la decisione di ridurre ancora il rifornimento di carburante destinato alla centrale termoelettrica di Gaza e di limitare l’apertura dei passaggi di frontiera al solo transito di generi alimentari e di emergenza come risposta al potenziamento militare delle forze di Hamas, al continuo lancio di razzi Qassam, soprattutto nella zona di Sderot, e al recente attacco contro una base israeliana in cui sono rimasti feriti 70 militari.
L’80% dei palestinesi che vivono a Gaza sono poveri e il 35% di essi sono classificati come “estremamente impoveriti”. Il passaggio di Karni, il corridoio principale per il movimento delle merci, è chiuso dal 13 giugno 2007. Questo ha devastato l’economia locale: l’80% del settore industriale ha chiuso o è attivo al 20% della sua capacità, data la sua dipendenza al 95% dalla materia prima importata, e ha messo in temporanea disoccupazione circa 66mila lavoratori.
A causa delle continue chiusure di Sufa e Kerem Shalom, mancano anche merci essenziali - latte in polvere, riso e olio - e i prezzi diventano proibitivi e non permettono un’alimentazione corretta e bilanciata.
Per quanto riguarda il settore sanitario, secondo il rapporto pubblicato a luglio 2007 dall’Unrwa, le cure di base sono ancora in funzione nonostante la carenza di elettricità e di supporti banali come lastre per radiografie, kit di laboratorio, letti. Ma spesso si deve far fronte a mancanza di farmaci, anestetici e alla mancanza di energia, che lascia fuori uso molti macchinari . Sempre secondo l’Unrwa, il 22% delle case di Gaza non sono collegate con un sistema fognario, facendo dell’igiene uno dei problemi più grossi.
[Gaza] Lettera di un palestinese
Lettera arrivata nella lista di Sport sotto l'assedio dalla Palestina
La follia della nuova potenza mondiale di dio
Possiamo ammetterlo, non abbiamo nulla con cui combattere, né armi, né capacità di resistenza, nessuna reciproca solidarietà; abbiamo solo un’ultima cosa in comune, siamo tutti pronti a morire sotto un razzo prodotto in America, lanciato da Israele con l’approvazione dei paesi Arabi.
Possiamo coltivare il sogno di uno Stato nelle nostre tombe, e non cambierebbe molto, siamo morti in ogni caso; in una tomba almeno possediamo il nostro suolo e il nostro Stato lo possiamo costruire sottoterra. Lì sapremmo che siamo morti e una volta lì, nessuno avrebbe la creatività inumana di pianificare la nostra uccisione.
Non è Hamas ad essere colpita oggi, non la causa palestinese e nemmeno la gente di Gaza, è l’umanità che viene rimossa a sangue freddo con grandi congratulazioni agli Israeliani per il loro successo.
Non c’è bisogno di una vendetta da parte di noi Palestinesi, forse questa volta dovremmo considerare questa lotta più grande di noi, la rete dei collaboratori è cresciuta ad un livello regionale. Chiudiamo allora le nostre case ed aspettiamo che la morte ci venga a prendere (e non sarà una bomba allora ???), lasciamo che il piano da tempo coltivato da Israele abbia successo, uccidere tutti i Palestinesi è più semplice che trasferirli altrove.
Stanotte i coloni di Sderot possono festeggiare Gaza bagnata di sangue; ho ascoltato un ufficiale municipale israeliano, e continuava a ripetere che questo è il modo giusto per fermare il lancio di razzi da Gaza, che questa azione mostra la lealtà dello ‘Stato di Israele’ ai suoi cittadini, uccidere altri cittadini e distruggere tutta l’infrastruttura della polizia, quella forza di polizia suggerita proprio da Israele durante i negoziati di Oslo.
Non abbiamo bisogno di richiami all’unità ora, il tempo è scaduto per tutti i partiti politici, il massacro continuerà e la vostra unità ora significa e vale nulla, le persone continueranno ad essere uccise e a soffrire; Israele non si fermerà ora, tutto ciò non basta ancora per la loro campagna elettorale, hanno bisogno di mostrare ai loro fanatici che sono capaci di tutto, uccidere bambini, donne ed ufficiali della polizia municipale, persone che non hanno mai partecipato al lancio di alcun razzo.
Invece di spendere soldi nel convincere i leader corrotti e venduti dei paesi Arabi a partecipare ad un summit il cui comunicato di condanna potrebbe essere scritto da un qualunque studente di quattordici anni, potremmo raccoglierli ed usarli per fare telefonate costose, per comprare biglietti aerei, per hotel di lusso, per comprare medicine e cibo alle persone di Gaza. Qualunque cosa possiamo fare per loro, non potranno dimenticare questo giorno, e non potremo chiedere loro di perdonare il nostro lungo silenzio.
Capisco pienamente come quanto sia pericoloso quello che sto dicendo, che ci sono molte divisioni nella nostra lotta, così come è successo in altre lotte, ma la cosa più pericolosa ora è che veniamo uccisi e nessuno mette in dubbio la legalità degli attacchi israeliani o agisce per portare Israele di fronte alle corti internazionali per i suoi crimini di guerra.
Se questo non vuol dire che non c’è potenza in grado di fermare Israele, tutto ciò può significare solo due cose, che non c’è essere umano rimasto che provi dolore per i Palestinesi di Gaza, o che Israele è la nuova potenza mondiale di dio.
E' in atto un genocidio pianificato non altro
Ultime da Gaza
Vittorio Arrigoni: pacifista italiano a gaza
Nell'aria acre odore di zolfo, nel cielo lampi intermezzano fragorosi boati.
Ormai le mie orecchie sono sorde dalle esplosioni e i miei occhi aridi di lacrime dinnanzi ai cadaveri.
Mi trovo dinnanzi all'ospedale di Al Shifa,
il principale di Gaza, ed è appena giunta la terribile minaccia che Israele avrebbe deciso di bombardare la nuova ala in costruzione.
Non sarebbe una novità, ieri è stato bombardato l'ospedale Wea'm.
Insieme ad un deposito di medicinali a Rafah,
l'università islamica (distrutta),
e diverse moschee sparse per tutta la striscia.
Oltre a decine di installazioni CIVILI.
Pare che non trovando più obbiettivi "sensibili",
l'aviazione e la marina militare si diletti nel bersagliare luoghi sacri, scuole e ospedali.
E' un 11 settembre ad ogni ora, ogni minuto, da queste parti,
e il domani è sempre una nuovo giorno di lutto, sempre uguale.
Si avvertono gli elicotteri e gli aerei costantemente in volo,
quando vedi il lampo, sei già spacciato,
è troppo tardi per mettersi in salvo.
Non ci sono bunker antibombe in tutta la Striscia,
nessun posto è al sicuro.
Non riesco a contattare più amici a Rafah,
neanche quelli che abitano a Nord di Gaza city,
spero perchè le linee sono intasate.
Ci spero.
Sono 60 ore che non chiudo occhio,
come me, tutti i gazawi.
Ieri io e altri 3 compagni dell'ISM abbiamo trascorso tutta la nottata all'ospedale di al Awda del campo profughi di Jabalia. Ci siamo andati perchè temevamo la tanto paventata incursione di terra che poi non si è verificata.
Ma i carri armati israeliani stazionano pronti lungo il confine tutto il confine della Striscia,
il loro cingoli affamati di corpi pare si metteranno in funerea marcia questa di notte.
Verso le 23:30 una bomba è precipitata a circa 800 metri dall'ospedale,
l'onda d'urto a mandato in frammenti diversi vetri delle finestre, ferendo i feriti.
Un' ambulanza si è recata sul posto, hanno tirato giù una moschea, fortunatamente vuota a quell'ora.
Sfortunatamente, anche se non di sfortuna ma di volontà criminale e terroristica di compiere stragi di civili,
la bomba israeliana ha distrutto anche l'edificio adiacente alla moschea, distruggendolo.
Abbiamo visto tirare fuori dalle macerie i corpicini di sei sorelline.
5 sono morte, una è gravissima.
Hanno adagiato le bambine sull'asfalto cabonizzato,
e sembravano bamboline rotte, buttate via perchè inservibili.
Non è un errore, è volontario cinico orrore.
Ormai le mie orecchie sono sorde dalle esplosioni e i miei occhi aridi di lacrime dinnanzi ai cadaveri.
Mi trovo dinnanzi all'ospedale di Al Shifa,
il principale di Gaza, ed è appena giunta la terribile minaccia che Israele avrebbe deciso di bombardare la nuova ala in costruzione.
Non sarebbe una novità, ieri è stato bombardato l'ospedale Wea'm.
Insieme ad un deposito di medicinali a Rafah,
l'università islamica (distrutta),
e diverse moschee sparse per tutta la striscia.
Oltre a decine di installazioni CIVILI.
Pare che non trovando più obbiettivi "sensibili",
l'aviazione e la marina militare si diletti nel bersagliare luoghi sacri, scuole e ospedali.
E' un 11 settembre ad ogni ora, ogni minuto, da queste parti,
e il domani è sempre una nuovo giorno di lutto, sempre uguale.
Si avvertono gli elicotteri e gli aerei costantemente in volo,
quando vedi il lampo, sei già spacciato,
è troppo tardi per mettersi in salvo.
Non ci sono bunker antibombe in tutta la Striscia,
nessun posto è al sicuro.
Non riesco a contattare più amici a Rafah,
neanche quelli che abitano a Nord di Gaza city,
spero perchè le linee sono intasate.
Ci spero.
Sono 60 ore che non chiudo occhio,
come me, tutti i gazawi.
Ieri io e altri 3 compagni dell'ISM abbiamo trascorso tutta la nottata all'ospedale di al Awda del campo profughi di Jabalia. Ci siamo andati perchè temevamo la tanto paventata incursione di terra che poi non si è verificata.
Ma i carri armati israeliani stazionano pronti lungo il confine tutto il confine della Striscia,
il loro cingoli affamati di corpi pare si metteranno in funerea marcia questa di notte.
Verso le 23:30 una bomba è precipitata a circa 800 metri dall'ospedale,
l'onda d'urto a mandato in frammenti diversi vetri delle finestre, ferendo i feriti.
Un' ambulanza si è recata sul posto, hanno tirato giù una moschea, fortunatamente vuota a quell'ora.
Sfortunatamente, anche se non di sfortuna ma di volontà criminale e terroristica di compiere stragi di civili,
la bomba israeliana ha distrutto anche l'edificio adiacente alla moschea, distruggendolo.
Abbiamo visto tirare fuori dalle macerie i corpicini di sei sorelline.
5 sono morte, una è gravissima.
Hanno adagiato le bambine sull'asfalto cabonizzato,
e sembravano bamboline rotte, buttate via perchè inservibili.
Non è un errore, è volontario cinico orrore.
Siamo a quota 320 morti,
più di un migliaio i feriti,
secondo un dottore di Shifa il 60% è destinato a morire nelle prossime ore,
nei prossimi giorni di una lunga agonia.
Decine sono i dispersi,
negli ospedali donne disperate cercano i mariti, i figli,
da due giorni, spesso invano.
E' uno spettacolo macabro all'obitorio.
Un infermiere mi ha detto che una donna palestinese dopo ore di ricerca fra i pezzi di cadaveri all'obitorio,
ha riconosciuto suo marito da una mano amputata.
Tutto quello che di suo marito è rimasto,
e la fede ancora al dito dell'amore eterno che si erano ripromessi.
Di una casa abitata da due famiglie,
è rimasto ben poco dei corpi umani.
Ai parenti hanno mostrato un mezzo busto,
e tre gambe.
Proprio in questo momento una delle nostre barche del Free Gaza Movement sta lasciando il porto di Larnaca in Cipro. Ho parlato coi miei amici a bordo. Eroici, hanno ammassato medicinali un pò in ogni dove sull'imbarcazione.
Dovrebbe approdare al porto di Gaza domani verso le 0800 am.
Sempre che il porto esista ancora dopo quest'altra notte di costanti bombardamenti.
Starò in contatto con loro tutto questo tempo.
Qualcuno fermi questo incubo.
Rimanere in silenzio significa supportare il genocidio in corso.
Urlate la vostra indignazione, in ogni capitale del mondo "civile",
in ogni città, in ogni piazza,
sovrastate le nostre urla di dolore e terrore.
C'è una parte di umanità che sta morendo in pietoso ascolto.
Vik in Gaza
Gaza: Le fabbriche degli angeli
31/12/2008
Jabilia, Bet Hanun, Rafah, Gaza City,
le tappe della mia personale mappa per l'inferno.
Checchè vadano ripetendo i comunicati diramati dai vertici militari israeliani, e ripetuti a pappagallo in Europa e Usa dai professionisti della disinformazione, sono stato testimone oculare in questi giorni di bombardamentidi moschee, scuole, università, ospedali, mercati, e decine e decine di edifici civili.
Il direttore medico dell'ospedale di Al Shifa mi ha confermato di aver ricevuto telefonate da esponenenti dell'IDF, l'esercito israeliano, che gli intimavano di evacuare all'istante l'ospedale, pena una pioggia di missili.
Non si sono lasciati intimorire. Il porto, dove dovrei dormire, ma a Gaza non si chiude un occhio da 4 giorni, è costantemente soggetto a bombardamenti notturni. Non si odono più sirene di ambulanze rincorrersi all'impazzata, semplicemente perchè al porto e attorno non c'è più anima viva, sono morti tutti, sembra di poggiare piede su di un cimitero dopo un terremoto.
La situazione è davvero da catastrofe innaturale, un cataclisma di odio e cinismo piombato sulla popolazione di Gaza come piombo fuso, che fa a pezzi corpi umani, e contrariamente a quanto si prefigge, compatta i palestinesi tutti, gente che fino a qualche tempo fa non si salutava nemmeno perchè appartenenti a fazioni differenti, in un corpo unico.
Quando le bombe cadono dal cielo da diecimila metri di quota state tranquilli, non fanno distinzioni fra bandiere di hamas o fatah esposte sui davanzali, non hanno ripensamenti esplosivi neanche se sei italiano. Non esistono operazioni militari chirurgiche,
quando si mette a bombardare l'aviazione e la marina, le uniche operazioni chirugiche sono quelle dei medici che amputano arti maciullate alle vittime senza un attimo di ripensamento, anche se spesso braccia e gambe sarebbe salvabili. Non c'è tempo, bisogna correre, le cure impegnate per un arto seriamente ferito sono la condanna a morte per il ferito susseguente in attesa di una trasfusione. All' ospedale di Al Shifa ci sono 600 ricoverati gravi e solo 29 macchine respiratorie. Mancano di tutto, soprattutto di personale preparato. Per questo ragione, esausti più che dalle notti insonni dall'immobilismo e dall'omertà dei governi occidentali , così facendo complici dei crimini d'Israele, abbiamo deciso di far partire ieri da Larnaca, Cipro, una delle nostre barche del Free Gaza Movement con a bordo 3 tonnellate di medicinali e personale medico. Li ho aspettati invano, avrebbero dovuto attraccare al porto alle 8 am di questa mattina. Sono invece stati intercettati a 90 miglia nautiche da Gaza da 11 navi da guerra israeliane, che in piene acque internazionali hanno provato ad affondarli. Li hanno speronati tre volte, producendo una avaria ai motori e una falla nello scavo. Per puro caso l'equipaggio e i passeggeri sono ancora tutti vivi, e sono riusciti ad attraccare in un porto libanese.
Essendo sempre più frustrasti dall'assordante silenzio del mondo "civile", i miei amici ci riproveranno presto, hanno scaricato infatti i medicinali dalla nostra nave danneggiata, la Dignity, e li hanno ricaricati su di un'altra pronta alla partenza alla volta di Gaza.
Certi che la volontà criminale di Israele nel calpestare diritti umani e leggi internazionali,
non sarà mai forte come la nostra determinazione nella difesa di questi stessi diritti e uomini.
Molti giornalisti che mi intervistano mi chiedono conto della situazione umanitaria dei palestinesi di Gaza,
come se il problema fossero la mancanza di cibo, di acqua, di elettricità, di gasolio,
e non chi è la causa di questi problemi sigillando confini, bombardando impianti idrici e centrali elettriche.
Lunghe file ai pochi panettieri con ancora le serrande semiaperte, 40 50 persone che si accapigliano per accappararsi l'ultima pagnotta. Uno di questi panettieri, Ahmed, è un mio amico, e mi ha condifato il suo terrore degli ultimi giorni.
Più che per le bombe, teme per gli assalti al forni. Dinnanzi al suo, si sono già verificate risse.
Se fino a poco tempo fa c'era lo polizia a mantenere l'ordine pubblico, specie dinnanzi alle panetterie,
ora non si vede più un poliziotto in divisa in tutta Gaza. Si sono nascosti, alcuni. Gli altri stanno tutti sepolti sotto due metri di terra, amici miei compresi. A Jabilia ancora strage di bambini, due fratellini di 4 e 10 anni, colpiti e uccisi da una bomba israeliana mentre guidavano un carretto trainato da un asino, in strada as-Sekka, a Jabalia.
Mohammad Rujailah nostro collaboratoE dell'ISM, ha scattato una foto che più di un fermoimmagine, è una storia, è la rivelazione di ciò che tragico viviamo intensamente ogni minuto, contandoci ogni ora, perdendo amici, fratelli, familiari.
Carriarmati, caccia, droni, elicotteri Apache, il più grande e potente esercito del mondo in feroce attacco contro una popolazione che si muove ancora sui somari come all'epoca di Gesù Cristo:
secondo un dottore di Shifa il 60% è destinato a morire nelle prossime ore,
nei prossimi giorni di una lunga agonia.
Decine sono i dispersi,
negli ospedali donne disperate cercano i mariti, i figli,
da due giorni, spesso invano.
E' uno spettacolo macabro all'obitorio.
Un infermiere mi ha detto che una donna palestinese dopo ore di ricerca fra i pezzi di cadaveri all'obitorio,
ha riconosciuto suo marito da una mano amputata.
Tutto quello che di suo marito è rimasto,
e la fede ancora al dito dell'amore eterno che si erano ripromessi.
Di una casa abitata da due famiglie,
è rimasto ben poco dei corpi umani.
Ai parenti hanno mostrato un mezzo busto,
e tre gambe.
Proprio in questo momento una delle nostre barche del Free Gaza Movement sta lasciando il porto di Larnaca in Cipro. Ho parlato coi miei amici a bordo. Eroici, hanno ammassato medicinali un pò in ogni dove sull'imbarcazione.
Dovrebbe approdare al porto di Gaza domani verso le 0800 am.
Sempre che il porto esista ancora dopo quest'altra notte di costanti bombardamenti.
Starò in contatto con loro tutto questo tempo.
Qualcuno fermi questo incubo.
Rimanere in silenzio significa supportare il genocidio in corso.
Urlate la vostra indignazione, in ogni capitale del mondo "civile",
in ogni città, in ogni piazza,
sovrastate le nostre urla di dolore e terrore.
C'è una parte di umanità che sta morendo in pietoso ascolto.
Vik in Gaza
Gaza: Le fabbriche degli angeli
31/12/2008
Jabilia, Bet Hanun, Rafah, Gaza City,
le tappe della mia personale mappa per l'inferno.
Checchè vadano ripetendo i comunicati diramati dai vertici militari israeliani, e ripetuti a pappagallo in Europa e Usa dai professionisti della disinformazione, sono stato testimone oculare in questi giorni di bombardamentidi moschee, scuole, università, ospedali, mercati, e decine e decine di edifici civili.
Il direttore medico dell'ospedale di Al Shifa mi ha confermato di aver ricevuto telefonate da esponenenti dell'IDF, l'esercito israeliano, che gli intimavano di evacuare all'istante l'ospedale, pena una pioggia di missili.
Non si sono lasciati intimorire. Il porto, dove dovrei dormire, ma a Gaza non si chiude un occhio da 4 giorni, è costantemente soggetto a bombardamenti notturni. Non si odono più sirene di ambulanze rincorrersi all'impazzata, semplicemente perchè al porto e attorno non c'è più anima viva, sono morti tutti, sembra di poggiare piede su di un cimitero dopo un terremoto.
La situazione è davvero da catastrofe innaturale, un cataclisma di odio e cinismo piombato sulla popolazione di Gaza come piombo fuso, che fa a pezzi corpi umani, e contrariamente a quanto si prefigge, compatta i palestinesi tutti, gente che fino a qualche tempo fa non si salutava nemmeno perchè appartenenti a fazioni differenti, in un corpo unico.
Quando le bombe cadono dal cielo da diecimila metri di quota state tranquilli, non fanno distinzioni fra bandiere di hamas o fatah esposte sui davanzali, non hanno ripensamenti esplosivi neanche se sei italiano. Non esistono operazioni militari chirurgiche,
quando si mette a bombardare l'aviazione e la marina, le uniche operazioni chirugiche sono quelle dei medici che amputano arti maciullate alle vittime senza un attimo di ripensamento, anche se spesso braccia e gambe sarebbe salvabili. Non c'è tempo, bisogna correre, le cure impegnate per un arto seriamente ferito sono la condanna a morte per il ferito susseguente in attesa di una trasfusione. All' ospedale di Al Shifa ci sono 600 ricoverati gravi e solo 29 macchine respiratorie. Mancano di tutto, soprattutto di personale preparato. Per questo ragione, esausti più che dalle notti insonni dall'immobilismo e dall'omertà dei governi occidentali , così facendo complici dei crimini d'Israele, abbiamo deciso di far partire ieri da Larnaca, Cipro, una delle nostre barche del Free Gaza Movement con a bordo 3 tonnellate di medicinali e personale medico. Li ho aspettati invano, avrebbero dovuto attraccare al porto alle 8 am di questa mattina. Sono invece stati intercettati a 90 miglia nautiche da Gaza da 11 navi da guerra israeliane, che in piene acque internazionali hanno provato ad affondarli. Li hanno speronati tre volte, producendo una avaria ai motori e una falla nello scavo. Per puro caso l'equipaggio e i passeggeri sono ancora tutti vivi, e sono riusciti ad attraccare in un porto libanese.
Essendo sempre più frustrasti dall'assordante silenzio del mondo "civile", i miei amici ci riproveranno presto, hanno scaricato infatti i medicinali dalla nostra nave danneggiata, la Dignity, e li hanno ricaricati su di un'altra pronta alla partenza alla volta di Gaza.
Certi che la volontà criminale di Israele nel calpestare diritti umani e leggi internazionali,
non sarà mai forte come la nostra determinazione nella difesa di questi stessi diritti e uomini.
Molti giornalisti che mi intervistano mi chiedono conto della situazione umanitaria dei palestinesi di Gaza,
come se il problema fossero la mancanza di cibo, di acqua, di elettricità, di gasolio,
e non chi è la causa di questi problemi sigillando confini, bombardando impianti idrici e centrali elettriche.
Lunghe file ai pochi panettieri con ancora le serrande semiaperte, 40 50 persone che si accapigliano per accappararsi l'ultima pagnotta. Uno di questi panettieri, Ahmed, è un mio amico, e mi ha condifato il suo terrore degli ultimi giorni.
Più che per le bombe, teme per gli assalti al forni. Dinnanzi al suo, si sono già verificate risse.
Se fino a poco tempo fa c'era lo polizia a mantenere l'ordine pubblico, specie dinnanzi alle panetterie,
ora non si vede più un poliziotto in divisa in tutta Gaza. Si sono nascosti, alcuni. Gli altri stanno tutti sepolti sotto due metri di terra, amici miei compresi. A Jabilia ancora strage di bambini, due fratellini di 4 e 10 anni, colpiti e uccisi da una bomba israeliana mentre guidavano un carretto trainato da un asino, in strada as-Sekka, a Jabalia.
Mohammad Rujailah nostro collaboratoE dell'ISM, ha scattato una foto che più di un fermoimmagine, è una storia, è la rivelazione di ciò che tragico viviamo intensamente ogni minuto, contandoci ogni ora, perdendo amici, fratelli, familiari.
Carriarmati, caccia, droni, elicotteri Apache, il più grande e potente esercito del mondo in feroce attacco contro una popolazione che si muove ancora sui somari come all'epoca di Gesù Cristo:
Secondo Al Mizan, centro per i diritti umani, al momento in cui scrivo sono 55 bambini coinvolti nei bombardamenti, 20 gli uccisi e 40 i gravemente feriti.
Israele ha trasformato gli ospedali e gli obitori palestinesi in fabbriche di angeli,
non rendendosi conto dell'odio che fomenta non solo in Palestina, ma in tutto il mondo.
Le fabbriche degli angeli sono in produzione a ciclo continuo anche questa sera, lo avverto dai fragori delle esplosioni che sento fuori dalle mie finestre.
Quei corpicini smembrati, amputati, quelle vite potate ancora prima di fiorire, saranno un incubo per tutto il resto della mia vita,
e se ho ancora la forza di raccontare delle loro fine, è perchè voglio rendere giustizia a chi non ha più voce, a chi non ha mia avuto un fiato di voce, forse a chi non ha mai avuto orecchie per ascoltare.
restiamo umani.
Vittorio Arrigoni
blog: http://guerrillaradio.iobloggo.com/
websites della missione: http://www.freegaza.org/
e www.palsolidarity.org
contatto: guerrillaingaza@gmail.com
telefono (no sms) 059 8378945
Vittorio Arrigoni
Vittorio Arrigoni è un attivista di ISM (International Solidarity Movement). Sequestrato e poi espulso da Israele nel novembre scorso e rientrato a Gaza nel penultimo viaggio di "Free Gaza". Ora si trova nella Striscia.
blog di Vittrio Arrigoni: http://guerrillaradio.iobloggo.com/
websites della missione: http://www.freegaza.org/
e http://www.palsolidarity.org
contatto: guerrillaingaza@gmail.com
telefono (no sms) 059 8378945
Israele ha trasformato gli ospedali e gli obitori palestinesi in fabbriche di angeli,
non rendendosi conto dell'odio che fomenta non solo in Palestina, ma in tutto il mondo.
Le fabbriche degli angeli sono in produzione a ciclo continuo anche questa sera, lo avverto dai fragori delle esplosioni che sento fuori dalle mie finestre.
Quei corpicini smembrati, amputati, quelle vite potate ancora prima di fiorire, saranno un incubo per tutto il resto della mia vita,
e se ho ancora la forza di raccontare delle loro fine, è perchè voglio rendere giustizia a chi non ha più voce, a chi non ha mia avuto un fiato di voce, forse a chi non ha mai avuto orecchie per ascoltare.
restiamo umani.
Vittorio Arrigoni
blog: http://guerrillaradio.iobloggo.com/
websites della missione: http://www.freegaza.org/
e www.palsolidarity.org
contatto: guerrillaingaza@gmail.com
telefono (no sms) 059 8378945
Vittorio Arrigoni
Vittorio Arrigoni è un attivista di ISM (International Solidarity Movement). Sequestrato e poi espulso da Israele nel novembre scorso e rientrato a Gaza nel penultimo viaggio di "Free Gaza". Ora si trova nella Striscia.
blog di Vittrio Arrigoni: http://guerrillaradio.iobloggo.com/
websites della missione: http://www.freegaza.org/
e http://www.palsolidarity.org
contatto: guerrillaingaza@gmail.com
telefono (no sms) 059 8378945
((A))
Attacco israeliano su Gaza: siti e blog utili
Siti (inglese)
www.palestinemonitor.org
www.alternativenews.org
electronicintifada.net
www.palsolidarity.org
www.freegaza.org
www.stopthewall.org
Siti e blog (italiano)
www.infopal.it
www.peacereporter.net
www.lettera22.it
Un blog molto interessante è quello di Paola Caridi, giornalista e scrittrice. Il suo libro "Arabi Invisibili" ha vinto il Premio Capalbio 2008.
invisiblearabs.blogspot.com
Blog dalla Palestina
Il blog di un giovanissimo giornalista e producer palestinese Sameh Akram Habeeb.
www.gazatoday.blogspot.com
Il "diario di una madre palestinese" Laila El-Haddad, giornalista e fotografa che vive tra Gaza e gli Stati Uniti.
a-mother-from-gaza.blogspot.com
Il blog di Fida Qishta, coordinatrice ISM.
www.sunshine208.blogspot.com
palestineblogs.net
Libere menti, per una libera Palestina
palestinethinktank.com
Il blog di Sharon Lock, volotaria dell’ISM che vive a Gaza dal mese di agosto.
talestotell.wordpress.com
Video you tube
Canale di sunshine208p
Canale di adampal2008
Ecco cosa era Gaza prima di essere bombardata
LA STORIA DELLA STRISCIA DI GAZA
situazione aggiornata a maggio 2007
IN SEI ANNI dall'inizio della seconda intifada (settembre 2000)
il bilancio delle vittime é:
6 israeliani morti a causa di missili sparati da palestinesi
4500 palestinesi uccisi dall'esercito israeliano
(fonte: Le Monde Diplomatique )
La striscia di Gaza è una piccola zona lungo la costa del Mediterraneo tra l’Egitto ed Israele, lunga 40km e larga 10km, in cui vivono più di 1,4 milioni di Palestinesi. La striscia di Gaza ha una tra le maggiori percentuali di densità di popolazione al mondo.
I confini furono stabiliti nel 1948 dopo la creazione dello stato d’Israele; da allora fu occupata dall’Egitto fino al 1967 e poi passò sotto il controllo israeliano. Nel 2005 l’esercito israeliano formalmente si ritira dalla Striscia, ma di fatto continua a detenere il controllo dei confini, dello spazio aereo e di mare.
Gaza City è il centro urbano più esteso, con 400 mila abitanti, punto di riferimento commerciale ed amministrativo per tutti i territori occupati, anche se i movimenti tra la Striscia ed il West Bank sono molto limitati.
Gli altri centri più importanti sono Khan Younis (200 mila abitanti) situata nella parte centrale della striscia, e Rafah (150 mila abitanti) situata a sud.
La maggior parte della popolazione è composta da rifugiati fuggiti o espulsi dalle loro terre nel 1948, che vivono ancora oggi, in gran parte, negli otto campi profughi gestiti dall’ONU che sono:
Jabaliya – 106 mila abitanti circa
Rafah – 95 mila abitanti circa
Shati – 78 mila abitanti circa
Nuseirat – 57 mila abitanti circa
Khan Younis – 63 mila abitanti circa
Bureij – 28 mila abitanti circa
Maghazi – 22 mila abitanti circa
Deir el-Balah – 19 mila abitanti circa
Di questi, parte sono sorti in prossimità delle città, altri come Nuseirat e Bureij sono autosufficienti.
Una barriera di metallo costruita dagli Israeliani divide Israele dalla striscia di Gaza; inoltre vi è una zona tampone di altri 300 metri dalla parte della Striscia sempre controllata dall’esercito israeliano.
L’assedio della striscia di Gaza è continuato anche e soprattutto dopo il “ritiro” degli Israeliani e si configura come una forma di punizione collettiva contro i civili palestinesi . Da giugno 2006 tutti i valichi sono chiusi e questo assedio totale ha avuto un impatto disastroso sulla situazione umanitaria ed ha violato i diritti economici e sociali della popolazione civile palestinese particolarmente il diritto a condizioni di vita dignitose, il diritto alla salute e all’educazione ed ha paralizzato interi settori economici. Le chiusure condizionano il flusso di scorte alimentari, medicinali e altri necessità come il carburante, materiali di costruzione e materie prime per i vari settori economici.
Ci sono state severe restrizioni della circolazione delle persone ed in conseguenza di questa paralisi totale almeno il 73 % delle famiglie nella striscia di Gaza vive sotto il limite di povertà e la disoccupazione è al 55%, ulteriormente aggravata dal fatto che il governo di Hamas, in carica da fine gennaio 2005, non ha potuto neanche più pagare gli stipendi agli impiegati pubblici. Da quando infatti Hamas ha vinto le elezioni ed è andato al governo sono stati congelati gli aiuti umanitari internazionali e Israele si è rifiutato di continuare a versare all’Autorità palestinese i proventi delle tasse riscosse per conto dell’autorità stessa.
SITUAZIONE DEI VALICHI
Dopo il ritiro degli Israeliani nel 2005 la gestione “ufficiale” dei valichi di confine è la seguente: l’unica zona di confine non controllata completamente dagli Israeliani è il valico di Rafah al confine con l’Egitto la cui gestione ufficiale, dopo pressioni internazionali, è affidata all’Egitto coadiuvato da osservatori europei. Il governo israeliano effettua i controlli tramite videosorveglianza, ma non può effettuare fermi di persone. Il valico è destinato al transito di pedoni e alle esportazioni, non sono concesse importazioni.
Ufficialmente le merci in ingresso dall’Egitto possono entrare solo dal valico di Kerem Shalom e da Israele solo dai valichi di Sufa e Karni, tutti controllati dall’esercito israeliano. Il principale passaggio per recarsi in Israele é il valico di Erez.
Le chiusure e le limitazioni di passaggio ai valichi
(fonte: Palestinian Centre for Human Rights)
Da giugno 2006 praticamente tutti i valichi sono chiusi.
Il valico di Rafah è rimasto chiuso dal 25 giugno 2006 anche se non è gestito direttamente dagli Israeliani e nonostante che 3000 palestinesi, compresi 400 malati, stavano aspettando di rientrare nelle loro case. Queste persone sono state quindi bloccate nelle città egiziane di confine senza servizi ed assistenza, soprattutto per i malati, e senza soldi perché non avevano previsto una sosta così lunga.
Il valico è stato riaperto per brevi momenti il 10, 11, 19 agosto 2006 e sono transitate oltre 6mila persone in uscita verso l’Egitto e 310 in ingresso nella striscia di Gaza . Il 25 agosto avrebbe dovuto riaprire per 2 giorni, ma ha funzionato solo per 10 ore. Ha riaperto parzialmente il 24 e 25 ottobre e il 31 ottobre 2006 e 1 novembre 2006. Dal 25 giugno 2006 a novembre 2006 é stato aperto solo per 18 giorni non consecutivi. Dal 19 al 25 aprile 2007 ha aperto solo per 1 giorno.
A fine febbraio 2007 si è raggiunto un accordo tra palestinesi ed egiziani per tenerlo aperto tre volte a settimana. Dal 19 al 25 aprile 2007 ha aperto solo per 1 giorno.
Da metà maggio 2007 è chiuso e 50mila palestinesi sono bloccati. Emergenza sanitaria grave perché ci sono molti feriti a causa delle ultime incursioni che hanno bisogno di cure urgenti e non sanno dove andare perché gli Israeliani negano loro il permesso di recarsi sia in Israele che in Egitto.
Il valico di Sufa, a nord est di Rafah, è rimato aperto solo il 23 e 24 agosto 2006 per permettere il passaggio di aiuti umanitari.
Il valico di Erez (Beit Hanoun) è rimasto parzialmente aperto per i diplomatici e i malati con permesso di transito, ma sistematicamente è impedito ai parlamentari e ministri di Hamas di uscire da Gaza per recarsi nel West Bank e a Gerusalemme e dal 12 marzo 2006 é impedito a tutti i lavoratori palestinesi di raggiungere il proprio posto di lavoro in Israele passando da questo valico. Da febbraio 2007 Israele ha aperto il nuovo valico di Erez, ma le restrizioni rimangono le stesse.
Il valico di Karni (Al Mintar) da cui passano quasi tutte le merci è chiuso dal 15 agosto 2006 e non è concesso neanche il passaggio di aiuti umanitari. Parzialmente riaperto agli inizi di novembre 2006.
Le chiusure dei valichi e le limitazioni di passaggi sono la causa principale delle sofferenze della popolazione che vive in carenza di scorte alimentari, carburante (che serve per i generatori elettrici, indispensabili per la refrigerazione e l'irrigazione dei campi dopo la distruzione della centrale elettrica nel luglio 2006) e altri aiuti umanitari e compromette anche le esportazioni perché le merci deperibili quali frutta e fiori vanno a male se soggetti a lunghe attese prima di essere portate a destinazione.
SITUAZIONE ECONOMICA
L’attività principale, la pesca, è proibita dal 25 giugno 2006 e prima era soggetta a pesanti limitazioni. Circa 35mila persone di residenti lungo la costa vivevano grazie all’attività peschereccia compresi 2500 pescatori e 2500 addetti e familiari.
La situazione economica e sociale è gravissima, la maggior parte della popolazione si trova in situazione di grave indigenza e di completa dipendenza dagli aiuti assistenziali anche perché la reiterata chiusura dei valichi compromette le esportazioni
Persino il Programma mondiale per l'alimentazione delle Nazioni Unite (WFP) ha fatto un appello sottolineando che la comunità internazionale dovrebbe avere come priorità la risoluzione della tragedia umanitaria a Gaza e non concentrarsi esclusivamente sulla ricostruzione del Libano
I blocchi degli accessi da parte di Israele ed il congelamento degli aiuti internazionali dopo la vittoria elettorale di Hamas nel gennaio 2005 hanno reso la situazione insostenibile.
GLI ATTACCHI ISRAELIANI
Le aggressioni dell’esercito israeliano sotto forma di attacchi aerei, invasioni, arresti ed esecuzioni extragiudiziali vanno poi ad aggravare una situazione critica già da molto tempo.
GLI SCONTRI TRA HAMAS E FATAH
Come se non bastasse, gli scontri tra le opposte fazioni di Hamas e Fatah hanno causato altri gravi lutti
Dall’inizio del 2007 al 15 maggio 2007
196 morti, 1171 feriti, 229 rapiti, numerosi edifici pubblici e residenziali danneggiati.
Il 23 maggio 2007 le 5 fazioni della resistenza, Hamas, Fatah, Jihad islamica, PFLP e DFLP, hanno confermato, in un incontro con Abbas e Haniye, la loro volontà di mantenere la tregua interna, porre fine agli scontri interni e dare spazio ad azioni congiunte per rafforzare il piano di sicurezza interno. Sono tutti concordi nel formare una commissione che controlli la tregua.
situazione aggiornata a maggio 2007
IN SEI ANNI dall'inizio della seconda intifada (settembre 2000)
il bilancio delle vittime é:
6 israeliani morti a causa di missili sparati da palestinesi
4500 palestinesi uccisi dall'esercito israeliano
(fonte: Le Monde Diplomatique )
La striscia di Gaza è una piccola zona lungo la costa del Mediterraneo tra l’Egitto ed Israele, lunga 40km e larga 10km, in cui vivono più di 1,4 milioni di Palestinesi. La striscia di Gaza ha una tra le maggiori percentuali di densità di popolazione al mondo.
I confini furono stabiliti nel 1948 dopo la creazione dello stato d’Israele; da allora fu occupata dall’Egitto fino al 1967 e poi passò sotto il controllo israeliano. Nel 2005 l’esercito israeliano formalmente si ritira dalla Striscia, ma di fatto continua a detenere il controllo dei confini, dello spazio aereo e di mare.
Gaza City è il centro urbano più esteso, con 400 mila abitanti, punto di riferimento commerciale ed amministrativo per tutti i territori occupati, anche se i movimenti tra la Striscia ed il West Bank sono molto limitati.
Gli altri centri più importanti sono Khan Younis (200 mila abitanti) situata nella parte centrale della striscia, e Rafah (150 mila abitanti) situata a sud.
La maggior parte della popolazione è composta da rifugiati fuggiti o espulsi dalle loro terre nel 1948, che vivono ancora oggi, in gran parte, negli otto campi profughi gestiti dall’ONU che sono:
Jabaliya – 106 mila abitanti circa
Rafah – 95 mila abitanti circa
Shati – 78 mila abitanti circa
Nuseirat – 57 mila abitanti circa
Khan Younis – 63 mila abitanti circa
Bureij – 28 mila abitanti circa
Maghazi – 22 mila abitanti circa
Deir el-Balah – 19 mila abitanti circa
Di questi, parte sono sorti in prossimità delle città, altri come Nuseirat e Bureij sono autosufficienti.
Una barriera di metallo costruita dagli Israeliani divide Israele dalla striscia di Gaza; inoltre vi è una zona tampone di altri 300 metri dalla parte della Striscia sempre controllata dall’esercito israeliano.
L’assedio della striscia di Gaza è continuato anche e soprattutto dopo il “ritiro” degli Israeliani e si configura come una forma di punizione collettiva contro i civili palestinesi . Da giugno 2006 tutti i valichi sono chiusi e questo assedio totale ha avuto un impatto disastroso sulla situazione umanitaria ed ha violato i diritti economici e sociali della popolazione civile palestinese particolarmente il diritto a condizioni di vita dignitose, il diritto alla salute e all’educazione ed ha paralizzato interi settori economici. Le chiusure condizionano il flusso di scorte alimentari, medicinali e altri necessità come il carburante, materiali di costruzione e materie prime per i vari settori economici.
Ci sono state severe restrizioni della circolazione delle persone ed in conseguenza di questa paralisi totale almeno il 73 % delle famiglie nella striscia di Gaza vive sotto il limite di povertà e la disoccupazione è al 55%, ulteriormente aggravata dal fatto che il governo di Hamas, in carica da fine gennaio 2005, non ha potuto neanche più pagare gli stipendi agli impiegati pubblici. Da quando infatti Hamas ha vinto le elezioni ed è andato al governo sono stati congelati gli aiuti umanitari internazionali e Israele si è rifiutato di continuare a versare all’Autorità palestinese i proventi delle tasse riscosse per conto dell’autorità stessa.
SITUAZIONE DEI VALICHI
Dopo il ritiro degli Israeliani nel 2005 la gestione “ufficiale” dei valichi di confine è la seguente: l’unica zona di confine non controllata completamente dagli Israeliani è il valico di Rafah al confine con l’Egitto la cui gestione ufficiale, dopo pressioni internazionali, è affidata all’Egitto coadiuvato da osservatori europei. Il governo israeliano effettua i controlli tramite videosorveglianza, ma non può effettuare fermi di persone. Il valico è destinato al transito di pedoni e alle esportazioni, non sono concesse importazioni.
Ufficialmente le merci in ingresso dall’Egitto possono entrare solo dal valico di Kerem Shalom e da Israele solo dai valichi di Sufa e Karni, tutti controllati dall’esercito israeliano. Il principale passaggio per recarsi in Israele é il valico di Erez.
Le chiusure e le limitazioni di passaggio ai valichi
(fonte: Palestinian Centre for Human Rights)
Da giugno 2006 praticamente tutti i valichi sono chiusi.
Il valico di Rafah è rimasto chiuso dal 25 giugno 2006 anche se non è gestito direttamente dagli Israeliani e nonostante che 3000 palestinesi, compresi 400 malati, stavano aspettando di rientrare nelle loro case. Queste persone sono state quindi bloccate nelle città egiziane di confine senza servizi ed assistenza, soprattutto per i malati, e senza soldi perché non avevano previsto una sosta così lunga.
Il valico è stato riaperto per brevi momenti il 10, 11, 19 agosto 2006 e sono transitate oltre 6mila persone in uscita verso l’Egitto e 310 in ingresso nella striscia di Gaza . Il 25 agosto avrebbe dovuto riaprire per 2 giorni, ma ha funzionato solo per 10 ore. Ha riaperto parzialmente il 24 e 25 ottobre e il 31 ottobre 2006 e 1 novembre 2006. Dal 25 giugno 2006 a novembre 2006 é stato aperto solo per 18 giorni non consecutivi. Dal 19 al 25 aprile 2007 ha aperto solo per 1 giorno.
A fine febbraio 2007 si è raggiunto un accordo tra palestinesi ed egiziani per tenerlo aperto tre volte a settimana. Dal 19 al 25 aprile 2007 ha aperto solo per 1 giorno.
Da metà maggio 2007 è chiuso e 50mila palestinesi sono bloccati. Emergenza sanitaria grave perché ci sono molti feriti a causa delle ultime incursioni che hanno bisogno di cure urgenti e non sanno dove andare perché gli Israeliani negano loro il permesso di recarsi sia in Israele che in Egitto.
Il valico di Sufa, a nord est di Rafah, è rimato aperto solo il 23 e 24 agosto 2006 per permettere il passaggio di aiuti umanitari.
Il valico di Erez (Beit Hanoun) è rimasto parzialmente aperto per i diplomatici e i malati con permesso di transito, ma sistematicamente è impedito ai parlamentari e ministri di Hamas di uscire da Gaza per recarsi nel West Bank e a Gerusalemme e dal 12 marzo 2006 é impedito a tutti i lavoratori palestinesi di raggiungere il proprio posto di lavoro in Israele passando da questo valico. Da febbraio 2007 Israele ha aperto il nuovo valico di Erez, ma le restrizioni rimangono le stesse.
Il valico di Karni (Al Mintar) da cui passano quasi tutte le merci è chiuso dal 15 agosto 2006 e non è concesso neanche il passaggio di aiuti umanitari. Parzialmente riaperto agli inizi di novembre 2006.
Le chiusure dei valichi e le limitazioni di passaggi sono la causa principale delle sofferenze della popolazione che vive in carenza di scorte alimentari, carburante (che serve per i generatori elettrici, indispensabili per la refrigerazione e l'irrigazione dei campi dopo la distruzione della centrale elettrica nel luglio 2006) e altri aiuti umanitari e compromette anche le esportazioni perché le merci deperibili quali frutta e fiori vanno a male se soggetti a lunghe attese prima di essere portate a destinazione.
SITUAZIONE ECONOMICA
L’attività principale, la pesca, è proibita dal 25 giugno 2006 e prima era soggetta a pesanti limitazioni. Circa 35mila persone di residenti lungo la costa vivevano grazie all’attività peschereccia compresi 2500 pescatori e 2500 addetti e familiari.
La situazione economica e sociale è gravissima, la maggior parte della popolazione si trova in situazione di grave indigenza e di completa dipendenza dagli aiuti assistenziali anche perché la reiterata chiusura dei valichi compromette le esportazioni
Persino il Programma mondiale per l'alimentazione delle Nazioni Unite (WFP) ha fatto un appello sottolineando che la comunità internazionale dovrebbe avere come priorità la risoluzione della tragedia umanitaria a Gaza e non concentrarsi esclusivamente sulla ricostruzione del Libano
I blocchi degli accessi da parte di Israele ed il congelamento degli aiuti internazionali dopo la vittoria elettorale di Hamas nel gennaio 2005 hanno reso la situazione insostenibile.
GLI ATTACCHI ISRAELIANI
Le aggressioni dell’esercito israeliano sotto forma di attacchi aerei, invasioni, arresti ed esecuzioni extragiudiziali vanno poi ad aggravare una situazione critica già da molto tempo.
GLI SCONTRI TRA HAMAS E FATAH
Come se non bastasse, gli scontri tra le opposte fazioni di Hamas e Fatah hanno causato altri gravi lutti
Dall’inizio del 2007 al 15 maggio 2007
196 morti, 1171 feriti, 229 rapiti, numerosi edifici pubblici e residenziali danneggiati.
Il 23 maggio 2007 le 5 fazioni della resistenza, Hamas, Fatah, Jihad islamica, PFLP e DFLP, hanno confermato, in un incontro con Abbas e Haniye, la loro volontà di mantenere la tregua interna, porre fine agli scontri interni e dare spazio ad azioni congiunte per rafforzare il piano di sicurezza interno. Sono tutti concordi nel formare una commissione che controlli la tregua.
Video:
La Pace la propaganda e la Terra promessa
Israele impone alla Palestina un'azione criminale, il governo americano, il mainstream sono complici con il loro silenzio. Attraverso le voci di studiosi, critici dei media, attivisti per la pace, personalità religiose, esperti del Medio Oriente viene analizzata l'occupazione israeliana della Cisgiordania e di Gaza si spiega come anche attraverso la manipolazione dei linguaggi, si lascia questa azione di guerra 'nascosta' nelle notizie dei media ufficiali. Il documentario esplora anche i modi in cui i giornalisti degli Stati Uniti, per ragioni che vanno dalla intimidazione ad una mancanza di approfondite indagini, sono diventati complici nella realizzazione di Israele . Al centro, il documentario solleva questioni circa l'etica e il ruolo del giornalismo, e il rapporto tra media e politica.
Vittorio Arrigoni 04/01/2009
I volti diafani di fantasmi che chiedono giustizia.
il mio articolo per Il Manifesto di oggi:
Ben Heine © Cartoons
il mio articolo per Il Manifesto di oggi:
Ben Heine © Cartoons
Mentre scrivo i carri armati israeliani sono entrati nella «Striscia». La giornata è iniziata allo stesso modo in cui è finita quella che l’ha preceduta, con la terra che continua a tremare sotto i nostri piedi, il cielo e il mare, senza sosta alcuna, a tramare sulle nostre teste, sui destini di un milione e mezzo di persone che sono passate dalla tragedia di un assedio, alla catastrofe di bombardamenti che fanno dei civili il loro bersaglio predestinato. Il posto è avvolto dalle fiamme, cannonate dal mare e bombe dal cielo per tutta la mattina. Le stesse imbarcazioni di pescatori che scortavamo fino a quale giorno fa in alto mare, ben oltre le sei miglia imposte da Israele come assedio illegale criminoso, le vedo ora ridotte a tizzoni ardenti. Se i pompieri tentassero di domare l’incendio, finirebbero bersagliati dalle mitragliatrici degli F16, è già successo ieri. Dopo questa massiccia offensiva, finito il conteggio dei morti, se mai sarà possibile, si dovrà ricostruire una città sopra un deserto di macerie. Livni dichiara al mondo che non esiste un’emergenza umanitaria a Gaza: evidentemente il negazionismo non va di moda solo dalle parti di Ahmadinejad. I palestinesi su una cosa sono d’accordo con la Livni, ex serial killer al soldo del Mossad, (come mi dice Joseph, autista di ambulanze): più beni alimentari stanno davvero filtrando all’interno della striscia, semplicemente perché a dicembre non è passato pressoché nulla, oltre la cortina di filo spinato teso da Israele. Ma che senso realmente ha servire pane appena sfornato all’interno di un cimitero? L’emergenza è fermare subito le bombe, prima ancora dei rifornimenti di viveri. I cadaveri non mangiano, vanno solo a concimare la terra, che qui a Gaza non è mai stata così fertile di decomposizione. I corpi smembrati dei bimbi negli obitori invece dovrebbero nutrire i sensi di colpa, negli indifferenti, verso chi avrebbe potuto fare qualche cosa. Le immagini di un Obama sorridente che gioca a golf sono passate su tutte le televisioni satellitari arabe, ma da queste parti nessuno si illude che basti il pigmento della pelle a marcare radicalmente la politica estera statunitense. Ieri (venerdì, ndr) Israele ha aperto il valico di Herez per far evacuare tutti gli stranieri presenti a Gaza. Noi, internazionali della Ism, siamo gli unici a essere rimasti. Abbiamo risposto oggi (ieri, ndr) tramite una conferenza stampa al governo israeliano, illustrando le motivazioni che ci costringono a non muoverci da dove ci troviamo. Ci ripugna che i valichi vengano aperti per evacuare cittadini stranieri, gli unici possibili testimoni di questo massacro, e non si aprano in direzione inversa per far entrare i molti dottori e infermieri stranieri che sono pronti a venire a portare assistenza ai loro eroici colleghi palestinesi. Non ce ne andiamo perché riteniamo essenziale la nostra presenza come testimoni oculari dei crimini contro l’inerme popolazione civile ora per ora, minuto per minuto. Siamo a 445 morti, più di 2.300 feriti, decine i dispersi. Settantatré, al momento in cui scrivo, i minori maciullati da bombe. Al momento Israele conta tre vittime in tutto. Non siamo fuggiti come ci hanno consigliato i nostri consolati perché siamo ben consci che il nostro apporto sulle ambulanze come scudi umani nel dare prima assistenza ai soccorsi potrebbe rivelarsi determinante per salvare vite. Anche ieri un’ambulanza è stata colpita a Gaza City, il giorno prima due dottori del campo profughi di Jabalia erano morti colpiti in pieno da un missile sparato da un Apache. Personalmente, non mi muovo da qui perché sono gli amici ad avermi pregato di non abbandonarli. Gli amici ancora vivi, ma anche quelli morti, che come fantasmi popolano le mie notti insonni. I loro volti diafani ancora mi sorridono. Ore 19.33, ospedale della Mezza Luna Rossa, Jabalia. Mentre ero in collegamento telefonico con la folla in protesta in piazza a Milano, due bombe sono cadute dinanzi all’ospedale. I vetri della facciata sono andati in pezzi, le ambulanze per puro caso non sono rimaste danneggiate. I bombardamenti si sono fatti ancora più intensi e massicci nelle ultime ore, la moschea di Ibrahim Maqadme, qui vicino, è appena crollata sotto le bombe: è la decima in una settimana. Undici vittime per ora, una cinquantina i feriti. Un’anziana palestinese incontrata per strada questo pomeriggio mi ha chiesto se Israele pensa di essere nel medioevo, e non nel 2009, per continuare a colpire con precisione le moschee come se fosse concentrato in una personale guerra santa contro i luoghi sacri dell’islam a Gaza. Ancora un’altra pioggia di bombe a Jabalia, e alla fine sono entrati. I cingoli di carri armati che da giorni stazionavano al confine, come mezzi meccanici a digiuno affamati di corpi umani, stanno trovando la loro tragica soddisfazione. Sono entrati in un’area a nord-ovest di Gaza e stanno spianando case metro per metro. Seppelliscono il passato e il futuro, famiglie intere, una popolazione che scacciata dalle proprie legittime terre non aveva trovato altro rifugio che una baracca n un campo profughi. Siamo corsi qui a Jabaila dopo la terribile minaccia israeliana piovuta dal cielo venerdì sera. Centinaia e centinaia di volantini lanciati dagli aerei intimavano l’evacuazione generale del campo profughi. Minaccia che si sta dimostrando purtroppo reale. Alcuni, i più fortunati, sono scappati all’istante, portandosi via i pochi beni di valore, un televisore, un lettore dvd, i pochi ricordi della vita che era in una Palestina per sempre occupata perduta una sessantina di anni fa.. La maggioranza non ha trovato alcun posto dove fuggire. Affronteranno quei cingoli affamati delle loro vite con l‘unica arma che hanno a disposizione, la dignità di saper morire a testa alta. Io e i miei compagni siamo coscienti degli enormi rischi a cui andiamo incontro, questa notte più delle altre; ma siamo certo più a nostro agio qui nel centro dell’inferno di Gaza, che agiati in paradisi metropolitani europei o americani, che festeggiando il nuovo anno non hanno capito quanto in realtà siano causa e complicità di tutte queste morti di civili innocenti.
restiamo umani
Vik
Vittorio Arrigoni:
blog: http://guerrillaradio.iobloggo.com/
websites della missione: http://www.freegaza.org/
e www.palsolidarity.org
contatto: guerrillaingaza@gmail.com
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Lo stato sionista di Israele imita Hitler
29 gennaio 2009. - Lo stato sionista di Israele, ripete gli stessi modelli di terrorismo razzista e genocida contro il popolo palestinese superando cosi i loro carnefici nazisti.
Video immagini: Sionista imitano Hitler in Palestina
nb: Le immagini visualizzate sul video tratte da una email inviata da un diplomatico della ambasciata norvegese per il Regno di Arabia Saudita.
Links
29 gennaio 2009. - Lo stato sionista di Israele, ripete gli stessi modelli di terrorismo razzista e genocida contro il popolo palestinese superando cosi i loro carnefici nazisti.
Video immagini: Sionista imitano Hitler in Palestina
nb: Le immagini visualizzate sul video tratte da una email inviata da un diplomatico della ambasciata norvegese per il Regno di Arabia Saudita.
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Gaza, la difficile vita di un territorio sotto assedio
La vita a Gaza: era difficile prima, lo è ancora di più ora. 66 mila persone, calcola un’organizzatione non governativa, dopo l’offensiva israeliana piombo fuso, vivono disolcate a casa di parenti e amici o bivaccano sotto un tetto di fortuna, tra le macerie.
Cibo, acqua, carburante, medicine. Ma anche strade, infrastrutture, scuole, macchinari. Manca tutto a Gaza. Ogni cosa che deve valicare la frontiera, è una procedura infinita. Con le autorità israeliane prima, con quelle palestinesi poi.
Il consiglio economico palestinese per lo sviluppo e la ricostruzione stima i danni a 1.54 miliardi di euro. Le case distrutte sono 5000, quelle danneggiate circa 20 mila e solo per la ricostruzione delle abitazioni si spenderanno 370 milioni di euro. Gli ostacoli più difficili da sormontare si pongono per i materiali da costruzione. Israele teme che possano servire ad Hamas per costruire rampe di lancio per missili, bunker, e armi.
Le forniture passano con il contagocce. Ogni tondino, ogni ponteggio,ogni tubo viene schedato e diretto a un sito preciso. I residenti sono costretti a fare provviste sul mercato nero.
Il ferro che viene usato è tutto riciclato perchè non entra niente, non c’è un solo valico di frontiera che lasci passsare il materiale. Ma anche gli aiuti più urgenti, come il cibo, si ammassano alla frontiera e non riescono ad arrivare là dove c’è estremo bisogno.
L’agenzia dell’Onu per i profughi palestinesi si scontra con un muro di gomma. Dice un responsabile dell’UNWA: “Oggi è più urgente che mai trovare una soluzione e far aprire i check points per far entrare i materiali. Ma devo dire chiaro e tondo che oggi come oggi non riusciamo a far passare neppure il cibo e le medicine che sono stati donati”.
Se Israele tiene la striscia sotto assedio, non aiuta il fatto che per ora i pochi aiuti che arrivano debbano passare, perché è l’unica autorità nella striscia, nelle mani di Hamas.
Cibo, acqua, carburante, medicine. Ma anche strade, infrastrutture, scuole, macchinari. Manca tutto a Gaza. Ogni cosa che deve valicare la frontiera, è una procedura infinita. Con le autorità israeliane prima, con quelle palestinesi poi.
Il consiglio economico palestinese per lo sviluppo e la ricostruzione stima i danni a 1.54 miliardi di euro. Le case distrutte sono 5000, quelle danneggiate circa 20 mila e solo per la ricostruzione delle abitazioni si spenderanno 370 milioni di euro. Gli ostacoli più difficili da sormontare si pongono per i materiali da costruzione. Israele teme che possano servire ad Hamas per costruire rampe di lancio per missili, bunker, e armi.
Le forniture passano con il contagocce. Ogni tondino, ogni ponteggio,ogni tubo viene schedato e diretto a un sito preciso. I residenti sono costretti a fare provviste sul mercato nero.
Il ferro che viene usato è tutto riciclato perchè non entra niente, non c’è un solo valico di frontiera che lasci passsare il materiale. Ma anche gli aiuti più urgenti, come il cibo, si ammassano alla frontiera e non riescono ad arrivare là dove c’è estremo bisogno.
L’agenzia dell’Onu per i profughi palestinesi si scontra con un muro di gomma. Dice un responsabile dell’UNWA: “Oggi è più urgente che mai trovare una soluzione e far aprire i check points per far entrare i materiali. Ma devo dire chiaro e tondo che oggi come oggi non riusciamo a far passare neppure il cibo e le medicine che sono stati donati”.
Se Israele tiene la striscia sotto assedio, non aiuta il fatto che per ora i pochi aiuti che arrivano debbano passare, perché è l’unica autorità nella striscia, nelle mani di Hamas.